/// male friendly
Chazwick B. è un afro-filippino nato a Columbia meno di venticinque anni fa.
Dopo l'università e il bachelor in graphic design incontra Ernest Greene, classe '83 ed emisfero ambidestro del progetto Washed Out, conosciuto ai più come alfiere del chillwave movement edito da Mexican Summer.
É grazie a lui che Chazwick sterza dolcemente verso le atmosfere dell' onirico 7'' intitolato Blessa? Chissà.
Il 4 gennaio del 2010 però firma l'uscita dell'album "Causers of This" con la Carpark Records, già label di Cloud Nothings, So Takahashi e Light Pollution: subito dopo iniziano le tournée con lo stage name di Toro Y Moi, i remixes e persino le lodi dei chirurghi di Pitchfork, talmente obbligati a farci caso da tributargli uno spazio nella sezione "Best New Music" per la pubblicazione del secondo album "Underneath the Pine" del 22 febbraio di quest'anno.
Da lì in avanti è la storia fotografica di un oriundo a zonzo per il mondo, nemmeno trentenne e già sulle copertine di Paste, Gorilla vs Bear, FACT magazine.
Che affonda i quaranta presenti ieri a Spazio 211 con un incipit da b-movie porno, che scalda l'aria in digressioni noisy e poi naufraga dentro loop in falsetto. Senza concedere bis alle voci entusiaste che tentano di richiamarlo, ma chiedendo "did you enjoy..?" a chiunque gli si avvicini, incurante dell'ingratitudine di una città che si è dimenticata del suo arrivo.
/// female friendly
Toro è un paggetto presbite nato da mamma filippina e babbo afro-americano.
Mentre ronza attorno al set di merchandise immacolato pensi di essere arrivata troppo presto, perché non ti aspettavi un simile mortorio.
Dopo mezz'ora e decine di sguardi ammirati al live set inizi a distinguere le facce, accorgendoti con orgoglio che anche Alberto Campo e Cato Senatore hanno affrontato come te la domenica sera di Torino Nord.
Verso mezzanotte si accende tutto e peccato lui sia così basso, vestito male e accompagnato da tre musicisti albini, perchè se chiudi gli occhi quasi quasi lo diresti un ragazzo normale.
Ma di normale sul palco non c'è davvero nulla a parte le spie che lumineggiano sulle facce degli astanti: al primo chorus vorresti indietreggiare, prendere la rincorsa e tuffarti in quel tunnel primaverile. Ci sono fraseggi che indicano luoghi accoglienti e caldi, impennate eleganti e giri di synth morbidi quanto carezze, più gli occhi di questo artista che osano aprirsi sul pubblico solo sulla quarta canzone.
É bravo, pensi insieme alla certezza aritmetica di quanto sia più giovane di te, e ti sorprendi.
Vivere del proprio divertimento è una favola impraticabile, se hai vent'anni in un paese che affonda.
Spazio 211 • Via Cigna 211 • Torino
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